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On the war in Ukraine, the Vatican speaks two opposing languages. Here they are compared (in italian)

30 April, 14:50
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Sull’aggressione della Russia all’Ucraina sono due i linguaggi parlati dalla Santa Sede. Tra loro molto differenti, anzi, contraddittori.

Source: Diakonos.be

Il primo è il linguaggio di papa Francesco, che da mesi motiva incessantemente le sue richieste di pace con queste due ragioni: “la guerra è sempre una sconfitta” e “quelli che guadagnano di più sono i fabbricatori di armi”.

È già stato obiettato da più parti, al papa, che entrambe queste ragioni cozzano con la realtà, a meno di giudicare una sconfitta la vittoria bellica sulla Germania nazista e un losco malaffare la difesa armata della propria vita e della propria libertà.

Ma niente sembra scalfire le convinzioni di Jorge Mario Bergoglio. Il quale ha anche espresso i suoi personali giudizi sia su ciò che avrebbe originato l’aggressione all’Ucraina, sia su come farla cessare.

La genesi dell’aggressione egli l’ha addebitata più volte al fatto che “la NATO era andata ad abbaiare alle porte della Russia senza capire che i russi sono imperiali e non permettono a nessuna potenza straniera di avvicinarsi ai loro confini”.

Mentre per far cessare la guerra egli semplicemente chiede all’Ucraina di riconoscere la sconfitta, di lasciar cadere le armi e di negoziare con l’invasore, insomma, di avere “il coraggio della resa, della bandiera bianca”.

Va aggiunto che questo linguaggio del papa è anche quello che più rimbomba sui media, continuamente rilanciato ogni volta che prende la parola.

Mentre rimane in ombra, con scarsissima eco, l’altro linguaggio parlato dalla Santa Sede: quello della segreteria di Stato vaticana e quello – meno ufficiale ma anche per questo più argomentato e rivelatore – de “La Civiltà Cattolica”.

Un secondo linguaggio che invece è utile mettere in evidenza.

*

La posizione della segreteria di Stato sulla guerra in Ucraina è stata ripetutamente espressa dalle sue massime autorità: il cardinale Pietro Parolin e il ministro degli esteri Paul Richard Gallagher.

In breve, è la posizione ribadita un’ultima volta la scorsa settimana da Gallagher nell’intervista a Gerard O’Connell per il settimanale dei gesuiti di New York “America”, pubblicata integralmente anche dalla rivista italiana “Il Regno”.

A giudizio del ministro degli esteri vaticano è la Russia che “non pone le condizioni necessarie” a far cessare la guerra. “Fermare gli attacchi, fermare i missili. Questo è ciò che la Russia deve fare!”.

Questo perché “una pace giusta” significa “che la Russia deve ritirarsi da tutti i territori dell’Ucraina”. O come Gallagher dice in termini più articolati:

“Noi continuiamo a sostenere l’integrità territoriale dell’Ucraina. Non approviamo che i confini dei paesi vengano modificati con la forza. Questa rimane la nostra posizione. La consideriamo una posizione giusta e questa è la nostra posizione nei confronti dell’Ucraina. Allo stesso tempo, riconosciamo anche il diritto dell’Ucraina di compiere qualsiasi passo che possa rendere possibile un accordo per una pace giusta, anche per quanto riguarda i suoi territori. Ma questo non è qualcosa che possiamo imporre o pretendere dall’Ucraina. Se l’Ucraina e il suo governo vogliono farlo, è a loro completa discrezione”.

Basta questo per vedere l’abisso che intercorre tra le posizioni della segreteria di Stato e quelle del papa. Il quale, infatti, preferisce ricorrere all’attivismo pro-russo della Comunità di Sant’Egidio e del cardinale Matteo Zuppi.

Ma c’è di più. Perché non solo la segreteria di Stato ma anche il “think tank” di gesuiti che pubblica “La Civiltà Cattolica” risulta essere, oggi, agli antipodi delle posizioni di Francesco, sulla guerra in Ucraina.

*

“La Civiltà Cattolica” passa ogni volta al vaglio della segreteria di Stato, oltre che occasionalmente del papa, prima d’essere stampata. E fino a quando è stata diretta da padre Antonio Spadaro poteva essere ritenuta la voce di papa Francesco.

Ma dallo scorso ottobre, con nuovo direttore padre Nuno da Silva Gonçalves, la rivista ha ripreso una certa autonomia, come Settimo Cielo ha già messo in luce.

A conferma di ciò basta sfogliare il suo ultimo quaderno e leggere l’articolo d’apertura, che è proprio sulla guerra in Ucraina.

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L’articolo ha per autore padre Giovanni Sale, professore di storia contemporanea alla Pontificia Università Gregoriana. Ha per titolo: “Terzo anno della guerra in Ucraina”. Ed è così riassunto nel sommario della stessa rivista:

“Sono passati più di due anni da quando, il 24 febbraio 2022, Putin ordinò l’invasione dell’Ucraina. Il Cremlino, male informato dai suoi generali, pensava che impossessarsi di Kyiv sarebbe stata una passeggiata: in realtà non fu così. La resistenza opposta dall’esercito ucraino, già da allora armato dagli occidentali, fu realmente eroica e collettiva. Putin dovette ridimensionare i suoi obiettivi di guerra, concentrandosi, a fine marzo, soprattutto sul Donbass e sulle regioni meridionali. In questo articolo tratteremo degli eventi degli ultimi mesi, in particolare della cosiddetta ‘guerra di attrito’ che si sta combattendo su un fronte lungo circa 1.000 chilometri”.

Già da queste righe di presentazione si può notare quanto la narrazione di padre Sale disti dalla visione di papa Francesco. Ma è il finale dell’articolo – da qui in avanti riprodotto quasi integralmente – che ancor più conferma questa distanza.

Anzitutto, padre Sale insiste sulle “vittorie significative” conseguite ultimamente dall’Ucraina:

“Occorre notare che negli ultimi mesi di guerra l’Ucraina, nonostante lo stallo sul fronte, ha conseguito vittorie significative in alcuni settori strategicamente importanti. In primo luogo, ha vinto la battaglia del grano, forzando il blocco russo: il commercio via mare ha raggiunto livelli prebellici. Nel 2023 l’Ucraina ha affondato il 30 per cento della flotta russa nel Mar Nero, con piccoli droni navali manovrati da personale tecnico. Ciò è avvenuto in seguito a un aumento considerevole nella produzione domestica di droni da combattimento, economici ed efficaci. L’Ucraina vanta una dozzina di modelli a lunga gittata, in grado di colpire obiettivi a più di 600 chilometri di distanza. Nel mese di febbraio, ha lanciato una sfida al più importante degli asset militari russi: il controllo dei cieli. In questi ultimi tempi la Russia ha perso più di 15 aerei da combattimento. Il che non è poca cosa, se si considera la superiorità che Mosca vanta in questo settore”.

Poi descrive così le recenti mosse della Russia, sia belliche che di propaganda:

“Negli ultimi tempi il Cremlino si muove su più fronti: da un lato, continua gli attacchi, con risultati piuttosto scarsi; dall’altro, ambiguamente, fa ventilare l’idea di una tregua, che gli permetta di presentarsi come vincitore dell’ultima ‘guerra patriottica’. La sua propaganda ha già costruito fittiziamente una narrativa per vantarsi di aver sconfitto l’intera NATO schierata a fianco degli ucraini. Se il conflitto si concludesse ora, Putin potrebbe vantarsi di aver esteso la Russia fino al confine sacro tracciato dal fiume Dnipro. E questa non sarebbe una buona notizia per molti paesi confinanti e per le democrazie occidentali”.

Mentre questo è ciò che padre Sale auspica per l’Ucraina:

“L’esercito ucraino, se vuole uscire da questa situazione di stallo, dovrà passare da una guerra di posizione, che lo sta logorando, a una guerra di attacco, veloce e creativa, come è stata quella della prima parte dell’offensiva. Ma, per far questo, avrà bisogno di più soldati e, soprattutto, di più munizioni e di più armi sofisticate per colpire, a lunga distanza, dietro le linee nemiche; insomma, del convinto sostegno dell’Occidente, della NATO”.

Questo suo articolo padre Sale l’ha scritto poco prima che gli Stati Uniti sbloccassero, il 23 aprile, 60,8 miliardi di dollari di aiuti militari all’Ucraina, decisione da lui visibilmente attesa. Quanto invece a un possibile negoziato, ecco che cosa scrive:

“Purtroppo, la prospettiva di un vero negoziato per raggiungere una tregua o un congelamento del conflitto – che coinvolga le parti interessate e altri attori internazionali di primo piano, come gli USA – per il momento appare lontana”.

Per subito dopo aggiungere, a proposito dell’invocazione del papa di una “resa”, di una “bandiera bianca” innalzata dall’Ucraina:

“In una recente intervista alla radiotelevisione svizzera di lingua italiana, papa Francesco è ritornato a parlare della necessità di un negoziato per arrivare, nelle situazioni di conflitto (in Ucraina come a Gaza), alla cessazione delle ostilità. Le sue parole, purtroppo, sono state da più parti fraintese”.

E con questa asciutta archiviazione delle parole del papa si chiude l’articolo.